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«ChatGpt mi ha già tolto il lavoro. Mi hanno detto: "È impersonale? Non può interessarci di meno"»

Ultimo Aggiornamento: 13/06/2023 19:12
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C’è chi racconta di aver già perso parte del proprio lavoro, chi teme un taglio dei costi e dei posti nella multinazionale dov’è occupato, chi si chiede quale istruzione dare ai figli e chi medita di sostituire il proprio psicanalista con l’intelligenza artificiale.

C’è chi vi vede una minaccia e chi pensa che la progressione di questa nuova tecnologia creerà mestieri nuovi. La newsletter economica del Corriere«Whatever It Takes» (ci si iscrive qui), ha dato conto lunedì scorso dei primi studi sul possibile impatto dell’intelligenza artificiale più avanzata — quella «generativa» — sul mondo del lavoro.

Secondo un recentissimo «working paper» di Daniel Rock dell’Università della Pennsylvania, di Tyna Eloundou e Pamela Mishkin di OpenAI (il produttore di ChatGPT) e Sam Manning di OpenResearch, metà dei 158 milioni di occupati americani rischia di perdere il posto o di dover competere al ribasso sul proprio salario.

Non subito, ma quando l’intelligenza artificiale di Gpt-4 sarà integrata nei software e nelle macchine industriali esistenti.


La copywriter
Commenta Laura Sironi da Londra: «Sono una copywriter. Nel mio piccolo, avevo una cliente per cui facevo dei lavori che ora fa fare a Chat-GPT scrivendo entusiasticamente su LinkedIn le meraviglie del software. Ho dato un'occhiata al mio nuovo concorrente, anzi per la verità la signora mi ha scritto per sapere che cosa ne pensassi: le ho detto che era impersonale, ben scritto ma mancava di empatia. La risposta è stata “I couldn’t care less” (non potrebbe interessarmi di meno, ndr)».

Continua Sironi: «Alle piccole imprese non importa un bel niente se non hanno capolavori di creatività e engagement, loro sono eccitati di poter fare tutto con un software che progetta anche tutto il marketing». E ancora: «In attesa di lavorare tutti dietro alla macchina per farla diventare meglio di noi, cosa facciamo tra cinque anni con milioni di disoccupati intellettuali? Tutti a lavorare come rider? Perché non credo che possiamo tutti riciclarci facilmente. Adesso però ridateci i soldi spesi in corsi e master e diamoci tutti alla professione del muratore o del cuoco sempre che l’intelligenza artificiale non arrivi anche qui».


Lo psicanalista artificiale
Un lettore che vuole farsi chiamare solo «Lallo» confessa di recarsi dallo psicanalista con regolarità ma - dice - sta scoprendo che può quasi sostituirlo con Chat-GPT. Scrive Lallo: «Dica alla chat di impersonarsi in uno psicanalista - scelga lei la corrente che più preferisce. Esponga un suo disagio, o un sogno ricorrente, o un trauma di cui ha contezza e chieda al computer di dargli delle chiavi di lettura: rimarrà a bocca aperta per la profondità di analisi, nonostante il disclaimer scritto in calce. Dopodiché, in modalità chat, approfondisca le risposte che le ha dato e si renderà conto di quanto si avvicini alla sensibilità di un terapista ( glielo dico per esperienza)».

Continua questo lettore: «Il computer non è empatico, non ha sentimenti; probabilmente, non capisce quello che scrive, ma è in grado di replicare perfettamente la conoscenza relativa ai meccanismi dell’inconscio, se ben addestrato. È puro addestramento, ma di una qualità ad oggi inaudita». Per questo Lallo confessa di essere tentato di sostituire il terapeuta con l’applicazione tecnologica: «Continuerà ad essere assistito da un terapista umano; sempre che la sua tariffa non sia troppo alta. Altrimenti...».


L'informatico
GM è laureato in economia e da più di vent’anni lavora in una multinazionale americana dell’informatica. Scrive della sua azienda: «Ormai ha deciso non più di tagliare i posti di lavoro nei Paesi più costosi e passarli a quelli in via di sviluppo ma direttamente preparandosi per l’automazione». Ma continua questo lettore: «Come dire che il mio datore di lavoro si sbagli. Un’azienda americana quotata in borsa segue alla lettera le indicazioni del mercato, e dove i profitti non vengono dalle vendite arrivano dalla riduzione dei costi».


Chi lavora nell'AI
Ma non tutti sono così preoccupati e negativi. Non Cesare Perani, che con «Xplab - Research in Automation» si occupa da anni di applicazioni dell’intelligenza artificiale. Spiega Perani che Chat-GPT e le sue derivazioni possono creare nuove opportunità anche per chi non ha una preparazione tecnologica. «Finora la programmazione era principalmente pertinenza degli informatici - scrive -. GPT introduce nuove modalità ibride, dove alla programmazione basata su codice si affianca quella basata sul linguaggio naturale. Nasce quindi la richiesta di nuove figure professionali la cui formazione è principalmente umanistica». Esempi, secondo Perani: «Il prompt designer che genera modelli di interrogazione e dialogo; il behavior designer che si occupa di modelli di comportamento. E l’application analyst che si occupa di analisi delle necessità e dei rischi». Conclusione di Perani: «Si aprono nuove prospettive d’impiego per psicologi, laureati in lettere o in filosofia».

L’unica cosa che non va giù a Perani è la decisione di OpenAI di chiudere (per ora) l’accesso in Italia a Chat-Gpt e Gpt-4, dopo le molte obiezioni mosse dal garante della privacy. Scrive questo lettore: «Svegliarmi e scoprire che per il mio bene (quale?) qualcuno possa limitare la mia libertà, senza alcuna necessità d’urgenza ed alcun dibattito mi ha disturbato».



www.corriere.it/economia/lavoro/23_aprile_04/chatgpt-lavoro-conseguenze-e5b0744c-d2d7-11ed-b1de-c931acb299...
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